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150° della morte di Alessandro Manzoni

Il prof. Tobia ha messo in evidenza l'attualità dei Promessi sposi, auspicandone la lettura accurata nelle scuole. E' seguita la relazione del prof. Greco che ha illustrato il lato umano e non sempre facile del carattere di A. Manzoni

Relatore: Prof. Antonino Tobia e L. Greco

Si riporta qui di seguito la relazione del nostro Presidente, prof. Antonino Tobia

Immagine riferita a: 150° della morte di Alessandro Manzoni

Alessandro Manzoni 150 anni dopo-(7 marzo 1785-22 maggio 1873)

[b]Immagine riferita a: 150° della morte di Alessandro ManzoniIl presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, nel suo articolo apparso sul Corriere della sera del 23 maggio scorso definisce Alessandro Manzoni, figlio del proprio secolo, capace di gettare sulla società e sulla realtà storica del suo tempo uno sguardo lungimirante, ispirandosi alle forze più vivide e dinamiche della cultura italiana ed europea, pervase dall’aspirazione alla libertà, all’indipendenza, all’autodeterminazione.[/b]

[b]L’azione letteraria del Manzoni si ispirò fin dalle sue prime opere alla denuncia della tirannide, dell’abuso di potere, di ogni violenza legata all’ingiustizia, specialmente quando ne sono vittime i poveri, gli umili, gli oppressi.Cattolico integrale, ma non integralista, come sottolineaMattarella, il Nostro anticipò il Cavour e sulla scia di Dante, si oppose al potere temporale dei papi, auspicando una libera chiesa in un libero stato. Da liberale democratico, pose al centro del suo capolavoro la sofferenza degli umili, angariati dal potere e il suo romanzo si sviluppa attorno a questo conflitto sociale tra poteri forti e le classi meccaniche, quella dei lavoratori e dei contadini. Manzoni fu un grande patriota, pronto ad andare oltre le sconfitte, fiducioso nel risultato finaledella lotta perl’indipendenza. Il poeta non era animato solo dalla fede nella Provvidenza, ma soprattutto credeva nella storia dell’umanità, che da sempre ha lImmagine riferita a: 150° della morte di Alessandro ManzoniImmagine riferita a: 150° della morte di Alessandro Manzoniottato contro le tirannidi. Nessuna dittatura dura in eterno, le democrazie, apparentemente più deboli, resistono agli ostacoli che il divenire storico presenta. Aggiunge il Presidente: è la persona, in quanto figlia di Dio,e non la stirpe, l’appartenenza ad un gruppo etnico o a una comunità nazionale, a essere destinataria di diritti universali, di tutela e di protezione. È l’uomo in quanto tale, non solo in quanto appartenente a una nazione, in quanto cittadino, ad essere portatore di dignità e di diritti….[/b]Manzoni,ha focalizzato il Presidente,riteneva chel‘oppressione politica in cui vivevano gli italiani sotto il dominio straniero fosse un’offesa alla dignità di ogni figlio di Dio, nato libero. Benché l’America abbia il governo più libero e il Re di Napoli il più tirannico, pure se gli avessero fatto scegliere di rinascere, o americano o napoletano, avrebbe preferito di nascere napoletano, perché nulla esiste di peggio della mostruosa schiavitù.Così, si legge in un inedito ritratto del Manzoni stilato dalla sua amica Margherita Provana di Collegno, protagonista della società frequentata dallo scrittore.Nell’idea manzoniana di libertà, giustizia, uguaglianza, solidarietà, Mattarella vi scorge un’anticipazione della Carta della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo del 1948.

[b]Immagine riferita a: 150° della morte di Alessandro ManzoniLa modernità del Manzoni non emerge nelle aule scolastiche per colpa della corposità del romanzo, per scelte didattiche immotivate di alcuni docenti, per il fatto che l’opera è presentata come una lezione da ripetere e non come una pagina letteraria da percorrere attraverso la rete dei suoi aspetti etici, storici, sociali, religiosi, politici.[/b]I Promessi sposi non sempre si finisce di leggere a scuola per intero fino al trentottesimo capitolo e spesso gli alunni non ne conoscono la conclusione. Se è vero che il romanzo conobbe subito un enorme successo, è pur vero che il Manzoni ironicamente pensava che l’avrebbero letto solo venticinque lettori.La critica letteraria ha profuso una grande quantità di studi sul romanzo manzoniano, con una straordinaria varietà di giudizi,dettati talvolta da settoriali principi ideologici, come oggi si tenta di fare con Dante.Il Croce, dopo aver giudicato il romanzo un’opera oratoria, in cui l’empito lirico delle tragedie e delle odi era soffocato dagli interessi morali e religiosi, prima di morire ebbe a confessare che il romanzo era una delle opere capitali della letteratura europea, in cui l’oratoria diventa poesia.

[b]Gramsci e Moravia, dal loro punto di vista marxista, colsero del romanzo l’aspetto clericale, quasi reazionario: Che cosa ha imparato dalla vita Renzo: a non farsi coinvolgere nei tumulti, non predicare in piazza, non ubriacarsi.. è un Renzomolto diverso dal giovane che all’inizio del romanzo meditava di farsi giustiziadasé : un uomo cauto, conscio che la violenza e la ribellione non portano a nulla, incapace però di ricavare una morale che vada al di là delle sue vicende personali.[/b]Per Moravia, i Promessi sposi esprimono un 'realismo cattolico' non un 'realismo socialista'. Moravia individua tre livelli: quello della propaganda, quello della sensibilità sociale, quello dei sentimenti, espressi soprattutto da Renzo e Lucia. Gadda non è d’accordo con tale tripartizione e respinge l’idea di un realismo cattolico, cui contrappone un realismo fatto di storia, di conflitti sociali, di avvenimenti come la carestia e la peste.Noi ci chiediamo se, a dispetto di certo disinteresse o svogliataggine scolastici, è possibile nel terzo millennio dar vita a questo caposaldo della letteratura italiana.Cominciamo da un problema che ci ha toccato da vicino:la pandemia generata da un nuovo ceppo di coronavirus, nota col triste nome di covid-19.Le pagine che descrivono la peste di Milano del 1630, risuonano nel romanzo delle medesime preoccupazioni, che hanno angosciato tutti noi, chiusi in una stretta gabbia, assediataora dall’ignoranza della classe medica che non sapeva come arrestare il male di cui s’ignorava l’origine; ora dalle disposizioni giudiziarie, trppoaffrettate per contenere la diffusione e accettate anche se che ci privavano di alcuni diritti elementari; ora dalla ricerca confusa di un capro espiatorio, cui attribuire la responsabilità del contagio; ora dalle immagini di disperazione di quanti non potevano  dare l’ultimo addio ai propri cari. Tanta disperazione la troviamo icasticamente e drammaticamente scolpita nell’immagine della madre di Cecilia che è costretta a consegnare la propria figlioletta agli untori. Poche righe che superano in efficacia rappresentativa le tante dirette televisive, in cui gli automezzi delle forze dell’ordine sostituivano il misero e squallido carro dei monatti.

[b]E ancora, il racconto del Manzoni ci induce a riflettere sulla violenza  cui le donne sono soggette: da una parte Lucia, oggetto dell’appetito lussurioso e prepotente di un tirannello locale, don Rodrigo. E accanto a lei, la sventurata Geltrude, su cui pesa la violenza del padre che l’ha costretta alla vita monacale, soffocando lo spirito libero di una fanciulla desiderosa di vivere.[/b]

[b]In questi giorni, poi, non possiamo cancellare la memoria dei luttuosi fatti di cronaca legati alle stragi organizzate e perpretatedalla piovra mafiosa, protagonista di efferati crimini. Una mafiache dialoga con le forze dell’ordine, che detta leggi al potere politico, che s’insinua nei gangli dello stato e li corrompe. La cupola mafiosa è disegnata geometricamente dal Manzoni nel suo romanzo in tutta la sua articolazione: l’Innominato è al vertice di questa cupola, innominato ieri come oggi, Quindi, i vari Reina, Provenzano, Matteo Messina Denaro: cambiano i nomi, restano i malviventi con le loro azioni crimnose. Don Rodrigo, come i tanti che trovano riparo sotto la medesima cupola oggi, fa parte di questo sistema delittuoso earrogante,incoraggiato dalle leggi che gli garantiscono l’impunità attraverso i vari Azzeccagarbugli, che sanno come manovrano i codici e evadere la legge. E poi, c’è  la mano assassina, gli operatori della malavita, i bravi, che impongono agli oppressi e ai deboli gli ordini di chi li detta.[/b]

[b]Religioso integrale ma non integralista, il Manzoni passa in rassegna i diversi volti di chi si dichiara seguace di Cristo: è presente nel romanzo la religiosità di quanti si affidano con fede sincera al modello di vita evangelica, quella che ha praticato fino alla morte il frate laico Biagio Conte; e accanto, la chiesa che gestisce il suo potere di classe dominante, quella del padre provinciale e del cardinale Borromeo; la chiesa eroica di fra Cristoforo e quella acquiescente al potere di don Abbondio. Ma è su questo personaggio, motore di tutto il romanzo, che scrittori come Pirandello e Leonardo Sciascia ci hanno lasciato pagine di profonda riflessione antropologica.[/b]

[b]Luigi Pirandello nel suo trattato L’umorismo  distingue il comico dall’umorismo e fa un esempio: immagina una vecchia signora imbellettata, coi capelli unti e tinti, che vuole imitare una giovinetta.
La prima reazione che scatena è il riso: lo spettatore comprende che lo spettacolo offerto dalla signora è l’esatto contrario della realtà. Questo aspetto viene definito da Pirandello come comico, ovvero l’ avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che, parata così, nascondendo le sue rughe e la sua canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, con che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione lavorando in me, mi ha fatto andare oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario.
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Don Abbondio, si chiede il grande drammaturgo, è un soggetto comico, perché appare ai più un coniglio?

[b]Annota Pirandello: Bisogna pure ascoltare, signori miei, le ragioni del coniglio!
(…)Ora, io non nego, don Abbondio è un coniglio.Ma noi sappiamo che Don Rodrigo, se minacciava, non minacciava invano, sappiamo che pur di spuntare l’impegno egli era veramente capace di tutto; sappiamo che tempi eran quelli, e possiamo benissimo immaginare che a don Abbondio, se avesse sposato Renzo e Lucia, una schioppettata non gliel’avrebbe di certo levata nessuno, e che forse Lucia, sposa soltanto di nome, sarebbe stata rapita, uscendo dalla chiesa, e Renzo anch’egli ucciso. A che giovano l’intervento, il suggerimento di Fra Cristoforo? Non è rapita Lucia dal monastero di Monza? C’è la lega dei birboni, come dice Renzo. Per scioglier quella matassa ci vuol la mano di Dio; non per modo di dire, la mano di Dio propriamente. Che poteva fare un povero prete?
Pauroso, sissignori, don Abbondio… Il pauroso è ridicolo, è comico, quando si crea rischi e pericoli immaginari: ma quando un pauroso ha veramente ragione d’aver paura, questo pauroso non è più comico soltanto… Avremmo certamente ammirato un sacerdote eroe che, al posto di don Abbondio, non avesse tenuto conto della minaccia e del pericolo e avesse adempiuto il dovere del suo ministero. Ma non possiamo non compatire don Abbondio, e il coraggio, uno non se lo può dare!

Ma il poeta … pur avendoun ideale altissimo della missione del sacerdote su la terra, ha pure in sé la riflessione che gli suggerisce che quest’ideale non si incarna se non per rarissima eccezione. E don Abbondio è appunto questo sentimento del contrario oggettivato e vivente; e però non è comico soltanto, ma schiettamente e profondamente umoristico.
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[b]Il poeta, in somma, ci induce ad aver compatimento del povero curato, facendoci riconoscere che è pur umano, di tutti noi, quel che costui sente e prova, a passarci bene la mano su la coscienza.[/b]

[b]Don Abbondio non è forse il prototipo di tanti personaggi piccoli piccoli interpretati magistralmente da Alberto Sordi. E non anticipa la maschera di Fantozzi, il dipendente costretto a fare ciò che non gli aggrada per non perdere il posto di lavoro?[/b]

[b]Tra gli scrittori più amati, il Manzoni occupa un posto di primissimo piano nella formazione letteraria di Leonardo Sciascia : «Se mi si chiedesse a quale corrente di scrittori appartengo, e dovessi limitarmi a un solo nome, farei senza dubbio quello di Manzoni».[/b]

[b]Il vero protagonista del romanzo è per lo scrittore di Recalmuto don Abbondio. Don Abbondio è forte, è il più forte di tutti, è colui che effettualmente vince, è colui per il quale veramente il 'lieto fine' del romanzo è un lieto fine. Il suo sistema è un sistema di servitù volontaria: non semplicemente accettato, ma scelto e perseguito da una posizione di forza, da una posizione di indipendenza, qual era quella di un prete nella Lombardia spagnola del secolo XVII. Un sistema perfetto, tetragono, inattaccabile…L’uomo del Guicciardini, l’uomo del 'particulare' contro cui tuonò il De Sanctis, perviene con don Abbondio alla sua miserevole ma duratura apoteosi.[/b]

[b]Don Abbondio è l’unico personaggio coerente con i suoi tempi, sebbene sia il ritratto disperato delle cose d’Italia: l’Italia delle grida, l’Italia dei padri provinciali e dei conte-zio, l’Italia dei Ferrer italiani dal doppio linguaggio, l’Italia della mafia, degli azzeccagarbugli, degli sbirri che portan rispetto ai prepotenti, delle coscienze che facilmente si acquietano…».[/b]Sciascia azzera la centralità della Provvidenza nella storia umana, quella centralità su cui per decenni si è insistito nell’insegnamento scolastico, sottolineando principalmente i valori etici dei Promessi sposi. Al contrario, il romanzo si presenta come una disamina lucidissima e spietata della società italiana, valida ieri come oggi. E quanto al cattolicesimo di Manzoni, Sciascia ha dichiarato: «è stato detto che ha convertito, convertendosi, l’illuminismo al cattolicesimo; ma io penso che in lui è forse accaduto il contrario: il cattolicesimo si è convertito all’illuminismo.

[b]Sciascia ha dedicato una acuta analisi storiografica al saggio storico del Manzoni Storia della colonna infame, pubblicato come appendice storica al suo romanzo nell’edizione del 1840. Lo studio manzoniano è rivolto ad indagare e a condannare i falsi processi, quelli che ancora oggi spesso condannano cittadini innocenti mentre riesce a farla franca chi dispone di capitali e di una pletora di abili avvocati.  Il Manzoni ne fa, quindi, una lezione universale. La condanna di tanti miseri innocenti era in quel caso la conseguenza della pressione popolare, del mostro da sbattere in prima pagina per assecondare la superstizione e le fallaci credenze delle masse incolte. Manzoni va oltre l’illuminista Pietro Verri, che di questi processi agli untori si era interessato. Ma per Verri le sentenze dei magistrati erano giustificabili dalla temperie generale in cui erano costretti ad amministrare la giustizia. Per Manzoni le responsabilità di quei gravi casi d’ingiustizia sono individuali. Grande acume quello di don Lisander, il quale oggi non giustificherebbe il comportamento dei gerarchi fascisti e nazisti e tanto meno le atrocità dei campi di concentramento, con l’attenuante che i carnefici erano costretti ad obbedire ad ordini inflessibili, e per questo continuando ad agire senza alcun senso di colpa. Quest’analogia fa rabbrividire Leonardo Sciascia, riscoprendone i punti di contatto sul piano etico tra i giudici degli untori e l’atteggiamento di chi operava nei campi di sterminio.[/b]E lo scrittore siciliano conclude:il passato, il suo errore, il suo male, non è mai passato: e dobbiamo continuamente viverlo e giudicarlo nel presente, se vogliamo essere davvero storicisti.

[b]The Betrothed è la nuova edizione statunitense in lingua inglese de I promessi sposi. Michael Moore ha impiegato dieci anni per portare a termine la fatica letteraria.[/b]

[b]I promessi sposi sono un romanzo perfetto–spiega l’italianista americano–A mio avviso è il più importante romanzo scritto in Europa nell’Ottocento. Purtroppo in Italia attorno al Manzoni c’è un’impalcatura retorica che l’ha imbalsamato mentre negli Stati Uniti, almeno fino a oggi, I promessi sposi figurano tra i libri che consigliano di leggere.Con questo mio lavoro mi sono posto l’obiettivo di accrescerne la diffusione. Le critiche e le recensioni che ho sin qui avuto, oltre al successo in termini di copie, stanno confermando il mio proposito.[/b][b]Quando, dopo l’unità d’Italia, il Generale Garibaldi fu invitato a Milano, Manzoni lo accolse nella sua casa di via Morone.Garibaldi arrivò con un mazzolino di viole. La statuetta, che commemora quell’incontro, è esposta al primo piano della casa Manzoni eriporta i due che si stringono amichevolmente la mano.L’artista ha trascurato il particolare del mazzolino di viole, tralasciando di tramandare ai posteri il medesimo interesse che univa i due g[/b][b]randi uomini dell’Italia ottocentesca: la passione per l’agricoltura.[/b][b]Il 6 gennaio 1873, sbattendo la testa all’uscita della chiesa di San Fedele, nella città ambrosiana, Alessandro Manzoni si procura un trauma cranico. Le sue condizioni peggiorano. Subentra una grave meningite che segna la fine di un grande italiano, padre insieme a Dante della lingua di cui ancora oggi ci serviamo.É il 22 maggio 1873. Al suo funerale partecipano le più alte cariche dello Stato e decine di intellettuali, mentre nel primo anniversario della sua morte  Giuseppe Verdi dirige una Messa da Requiem composta in suo onore nella chiesa milanese di San Marco.[/b]Trapani, 26 maggio 2023-Antonino Tobia

 

 

 

Autore Prof-Greco

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Inserito il 26 Maggio 2023 nella categoria Relazioni svolte