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Destino e fato: scelta individuativa tra puer e senex

La dott.ssa Rosa Rita Ingrassia ha relazionato sugli inevitabili eventi che si verificano in una linea temporale

Relatore: Dott.ssa Rosa Rita Ingrassi a - Psicologa - Analista junghiana

 

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C’era una volta in un tempo senza tempo, un dio o forse una dea, immaginati ciechi poiché questo o questa, interveniva nella vita degli uomini cambiandone le sorti senza una precisa ragione. Il dio – o la dea  Fato era talmente forte che persino Giove doveva eseguirne i dettami poiché costretto dalla Necessità.Necessità, nell’antica Grecia, era personificata dalla dea Ananke ed Omero ne parla con il duplice significato di costrizione e forza.Come si possono unire costrizione e forza? Forse il mito vuole richiamarci alla Forza del destino come ineluttabilità degli eventi a cui non ci può sottrarre o indica la potenzialità di resistenza individuale di fronte ad eventi che non abbiamo contemplato e neppure immaginato potessero appartenerci?C’era una volta la dea Notte che, congiungendosi con Erebo, generò tre dee, le Moire identificate più tardi con il destino; i loro nomi sono Cloto, che in greco significa 'io filo' e che appunto filava lo stame della vita; Lachesi, destino, che avvolgendo il filo nel fuso, simbolicamente decideva quanta vita spettasse ad ogni essere umano. Cloto e Lachesi nelle iconografie classiche sono spesso rappresentate in relazione tra loro – ad indicare appunto l’intreccio fra destino e vita. In disparte vi è Atropo. Il suo nome significa – inflessibile-. A lei il compito di recidere il filo... A lei l’inesorabilità della cesura… Per Atropo non conta l’età, il sesso, l’etnia, la religione, lo status sociale o economico. Per lei, sembra non ci siano ragioni terrene  o divine che possano influenzare la sua decisione. Nessuno può opporsi al volere delle Moire, neppure gli dei, poiché il loro volere, per il mondo greco, era garanzia dell’ordine dell’Universo.Eppure, sempre il mito ci narra della possibilità di fendere la trama già tessuta dell’esistenza, la possibilità di scorgere un nodo nell’austerità dell’imperturbabile. Glauco, figlio di Minosse, da bambino cadde in una botte di miele dove vi trovò la morte. Atropo aveva già reciso il suo filo. Asceplio, non novizio a quello che oggi potremmo definire 'accanimento terapeutico', pose del muschio sul corpo già esamine,riuscendo questa volta a resuscitarlo. Cosa permise un inversione del destino di Glauco e Asceplio? Valse la  determinazione di quest’ultimo - quella stessa determinazione che successivamente gli procurò la morte 

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quando la tentò sul corpo di Ippolito - o la distrazione delle Moire? –.I riferimenti collettivi ed individuali ai miti narrati possono essere veramente tanti e diversi; penso ai figli di Sicilia piegati ad un destino, oggi come ieri, che li vuole migranti, lontani da affetti e tradizioni, indotti a cercare una speranza lontano dal luogo natio, in una terra promessa che come nel film ' Nuovomondo' , diventa sogno di aspettative e delusioni, di speranze ed amarezze.Penso a Marta, la chiamerò così, una ragazzina di appena 8 anni figlia di uno dei tanti stupri avvenuti in uno dei mille e mille barconi provenienti dall’Africa. Levata alle incurie della madre naturale, è affidata alle cure dei servizi sociali; certamente le troveranno una famiglia in grado di volerle bene e farle dimenticare il dolore sino ad allora vissuto. Marta sarà adottata per ben due volte, le stesse che sarà riconsegnata ai giudici del T.M. perché violenta e ingestibile.Quando la vedo per la prima volta mi dice: - Sai, io vengo dall’Africa, anche se sono nata in Sicilia…non so nulla di me, mi hanno rubato la memoria.Leggo dagli incartamenti che la riguardano una frase scritta da un operatore sociale che l’aveva seguita per diverso tempo. Diceva:- 'Marta sembra destinata a rimanere senza famiglia e senza radici. Non si riesce a costruire la sua storia passata e sembra – aggiungo – che non ne voglia una futura'.Ed allora, siamo condannati ad essere sopraffatti dal fato o  essere artefici del nostro destino?  La partita si gioca tra l’uomo e il divino –  oppure, è nella scelta individuale che si cela l’arte divinatoria? Con il concetto di Sé Jung – fondatore della psicologia del profondo sposta il dio o la dea Fato da fuori a dentro l’esistere,così il destino si incarna nel processo individuativo di ogni essere umano a cui è dato la possibilità di essere ciò che autenticamente è. Il Sé, nella psicologia analitica, è al contempo istanza fondante la psiche e istanza teleologica della psiche: struttura ed orienta l’essere al quale è dato il compito di declinare il senso della propria esistenza accettandone la sorte e a volte giocando con essa. Fondante, in questo processo di costruzione del proprio destino, è l’impatto conoscitivo con l’inconscio, nel profondo mare oscuro dove si celano ombre e coralli. Spostare il focus da fuori a dentro non è meno periglioso per il cammino dell’uomo, anzi…ad ognuno di noi è affidata la grande potenza, e con essa anche la grande responsabilità, di ricercare un senso alla vita, anche quando questo senso sembra invisibile. Congiungere il fato al destino – ossia ciò che è già scritto con ciò che deve essere scritto – vuole determinazione, equilibrio, saggezza, intrapredenza, giovialità, fiducia, stupore verso la vita e mille altre risorse ancora. Vuole la sinergia fra Senex e Puer che il mito ci ripropone attraverso le figure di Kronos ed Hermes o di Saturno e Mercurio. Trovare la giusta sinergia fra questi aspetti non sempre è facile e a volte è anche impossibile, perché ci sono cose verso le quali dobbiamo arrenderci accentando l’impotenza dell’essere umano contro la grande potenza della vita. Ma anche l’arresa può essere arte; lo sanno bene i Samurai che da vinti o da vincitori, riconoscono sempre il valore del proprio avversario. Quando questa unione non è equilibrata, possiamo assistere a dei veri e propri parossismi...Penso al fenomeno sempre più in voga delle 'malformazioni chirurgiche' (così da me definite),donne e uomini deturpati da interventi plastici che rinnegano il trascorrere del tempo – Saturno è il tempo che passa –cristallizzandosi o  congelandosi in espressioni amimiche. Penso all’incremento degli 'atteggiamenti' narcisistici, che vogliono uomini e donne 'eternamente fanciulli',  alla ricerca di sensazionalismi  o di effimere esperienze.Quando sono venuta tra di voi ad ascoltare la relazione di Franco La Rosa  ho apprezzato molto il clima che anima il vostro gruppo; il vostro Presidente dava atto delle iniziative dell’AUSER  – ricordo si è parlato del restauro dell’altare della chiesa di S. Francesco- e ho vissuto l’attenzione nell’ascolto delle parole di Franco e  la partecipazione al dibattito che ne è conseguito.  Mi sono detta: - Ecco un luogo dove Senex e Puer sono armonicamente integrati.- In una fase della vita in cui collettivamente e  individualmente il livello della performance arretra riducendo drasticamente le pretese dell’Io– il pensionamento, i figli adulti,  l’inclinazione del progetto a lungo termine – la possibilità di 'morire psichicamente' – di perdere cioè il senso della propria esistenza – ha maggiori possibilità di coglierci. Quanto allora è necessario sposare la saggezza maturata nell’esperienza della vita vissuta – il Senex – con la giovialità intrinseca al bambino che scopre ogni giorno parti di un mondo per sè nuove…Auguro a tutti noi di riuscire sempre a conservare lo stupore della scoperta del mondo fuori e dentro di noi…Grazie. 

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Autore Prof-Greco

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Inserito il 15 Aprile 2016 nella categoria Relazioni svolte