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Equinozio di primavera e il mito di Pasqua

Gli studi di antropologia hanno dimostrato che anche la Pasqua cristiana ha assorbito gli aspetti rituali del mondo pagano.Ha relazionato Antonino Tobia

Relatore: Prof. Antonino Tobia

Immagine riferita a: Equinozio di primavera e il mito di PasquaImmagine riferita a: Equinozio di primavera e il mito di PasquaLa Pasqua è la solennità religiosa degli Ebrei e dei Cristiani. Presso gli Ebrei l’istituzione della Pasqua è collegata all’Esodo del popolo ebreo dall’Egitto. In tale occasione Mosè diede l’ordine alla sua gente di bagnare col sangue di un agnello le porte delle loro case, affinché queste fossero saltate dal Signore che sarebbe venuto ad uccidere i primogeniti degli Egiziani.  Il termine Pasqua deriva, infatti, dall’ebraico pesàch, che significa passaggio, liberazione, in greco pàskha, in latino pascha. Questo avvenimento, legato all’esodo, diventerà una festa solenne dedicata al Dio d’Israele, regolata da un rigoroso rituale. La festa dura sette giorni tra il mese di marzo ed il mese di aprile e consiste nel rito di sacrificare un agnello, le cui carni poi vengono mangiate insieme, e di cibarsi di pane azzimo, cioè senza lievito e non fermentato, in memoria del pane usato dagli antenati prima di abbandonare l’Egitto. Sull’altare vengono deposti anche mazzetti di spighe di grano e la cena rituale comprende un piatto riccamente decorato che contiene tre pani non lievitati, un sedano, che richiama il risveglio primaverile della natura, erbe amare, come amaro fu il periodo della schiavitù in Egitto, una coscia arrosto di capretto, che rimanda all’agnello sacrificato per ordine di Dio, un uovo sodo, simbolo di una nuova vita e una pasta di frutta secca dolcissima (charoset), che ricorda la malta usata dagli schiavi ebrei per costruire i mattoni delle piramidi.Per i Cristiani la Pasqua costituisce la massima solennità dell’anno liturgico, in quanto commemora, la passione, la morte e la resurrezione di Gesù, figlio di Dio e Dio Lui stesso, che sconfigge le tenebre della morte per ascendere alla destra del Padre. E’ chiamata Pasqua di resurrezione, in quanto insieme con il Cristo risorto, anche l’umanità risorge dall’oscurità del peccato originale e tornano ad aprirsi le porte della Luce. La Pasqua indica ai credenti la via della resurrezione, della luce e della verità. Per questo, in passato, nella notte tra il sabato santo e la domenica di Pasqua ai catecumeni veniva amministrato il battesimo, che segnava il risveglio ad una nuova vita: oportet nasci denuo. La Chiesa di Roma ha istituito il precetto pasquale, che consiste nel confessarsi almeno una volta l’anno e comunicarsi a Pasqua. Nel Concilio di Nicea del 325 fu stabilito che la Pasqua venisse celebrata la prima domenica dopo il plenilunio successivo all’equinozio di primavera; pertanto, la celebrazione deve avvenire tra il 22 marzo e il 25 aprile.Nel mondo germanico Pasqua viene denominata Osterfest, nel mondo anglosassone Easter feast. Entrambi i termini fanno riferimento al punto cardinale est, da cui sorge la luce, con riferimento al culto pagano germanico della dea della fertilità, Ostara o Eostre, celebrata il giorno dell’equinozio di primavera. La Pasqua cristiana s’innesta in questa tradizione ebraica e nella ritualità pagana dei popoli germanici. Essa commemora la liberazione dalla schiavitù e la rinascita a nuova vita per gli Ebrei; segna il risveglio della natura per i pagani; celebra la vittoria della vita sulla morte  e la riconquista della salvezza eterna per i Cristiani. A parte alcuni elementi rituali concomitanti, come le spighe di grano, le uova, l’agnello, il denominatore comune è rappresentato del significato simbolico che acquista l’equinozio e quindi la Primavera, la prima stagione dell’anno compresa nell’emisfero boreale tra il 20-21 marzo e il 21-22 giugno, termine risalente all’ablativo latino primo vere.Nella mitologia greca il mito della morte e della resurrezione era in vari modi proposto. Dopo l’equinozio si svolgevano le Adònie, feste in onore di Adone che dalla Siria e dall’Egitto passarono in Grecia e a Roma. Si celebravano in primavera e duravano 8 giorni, uno dei miti legati ad Adone vuole che questi fosse un giovane bellissimo, figlio dell’incesto di Cinira, re di Cipro, e di sua figlia Mirra. Amato dalla dea Afrodite, fu ucciso da un cinghiale aizzatogli contro dal geloso dio Ares, Marte per i Romani. Afrodite mutò il sangue dell’infelice amante in un fiore 'simile ai frutti che produce il melograno sotto la tenera scorza'(V. Monti, La Musogonia, v.172). Ma Zeus lo affidò a Persefone, figlia sua e di Demetra, regina degli Inferi e stabilì che il giovane rimanesse per una metà dell’anno nel regno dell’Oltretomba e per l’altra con Afrodite. Le Adonie erano celebrate da donne in lutto che ne piangevano la morte e disponevano sui tetti i 'giardini di Adone,, semi posti in una piccola quantità di terra, che seccavano appena sbocciati, a ricordare la brevitas vitae e allo stesso tempo la sua ciclicità.Il mito di Adone (Adon = Signore) di origine fenicia di diffuse in Egitto, a Cipro, a Sparta, in Atene e a Siracusa. Nel XV idillio Teocrito, il poeta siracusano della prima metà del III sec. a. C., iniziatore della poesia bucolica, descrive le Adonie celebrate ad Alessandria d’Egitto nel palazzo di Arsinoe, moglie di Tolomeo Filadelfo e narra delle donne siracusane che accorrono alla festa in cui viene celebrato il giovane amato da Afrodite, morto e poi risorto e deificato:Adone caro,/ dei semidei sei l’unico che giunge/ da noi e all’Acheronte …/ Salve Adone/ amatissimo e ritorna/ dalle donne che fanno per te la festa…I misteri (lat. initia) erano forme religiose, spesso di carattere orgiastico, comuni ai Greci e a molti popoli dell’Oriente. In Grecia i più antichi furono i misteri eleusini e dionisiaci e quelli orfici. Di origine egizia quelli di Iside ed Osiride, di derivazione persiana i misteri di Mitra. A seguito delle conquiste romane, i misteri si diffusero il Occidente. Inizialmente i misteri erano connessi con i rituali sacro-magici legati al mondo rurale, per propiziarsi le forze della natura nei vari cicli Immagine riferita a: Equinozio di primavera e il mito di Pasquain cui essa moriva e si risvegliava a nuova vita. In un secondo momento, i misteri assunsero un valore catartico, di iniziazione finalizzata alla resurrezione dell’anima umana, che si rinnova rinascendo attraverso la morte e la resurrezione della divinità legata al culto. In questa seconda fase, il mistero diventa una vera religione, che trova punti di contatto con il Cristianesimo.Anche il mito di Persefone è incentrato sul tema della morte e della rinascita, che è poi quello dialettico della luce e delle tenebre o ancora, per restare nell’ambito dell’anno solare, quello della primavera e dell’autunno che anticipa l’inverno. Il risveglio della natura è presente nelle arti figurative, nella poesia, nella musica. Poeti e artisti hanno celebrato la primavera identificandola con la divinità più bella dell’Olimpo greco, Afrodite, Venere, la divinità preposta all’amore, espressione mitica dell’amore e dell’origine della vita.

<_div>Progenitrice degli Eneadi, piacere degli uomini e degli dei, <_div>alma Venere, che sotto gli erranti astri del cielo vivifichi <_div>il mare solcato da navi e la terra portatrice di messi, <_div>poiché per opera tua ogni specie di esseri viventi <_div>è concepita e, appena nata, vede la luce del sole.                                                          <_div>Te, o dea, te fuggono i venti, te le nubi del cielo <_div>al tuo sopraggiungere, per te la terra ingegnosa <_div>fa nascere fiori soavi, per te ride la superficie del mare <_div>e, tornato sereno, il cielo brilla di un chiarore diffuso. <_div>Infatti non appena si schiude l’aspetto primaverile del giorno                                     <_div>e, liberatosi, prende vigore il soffio fecondatore del favonio, <_div>per primi gli uccelli dell’aria annunciano te ed il tuo arrivo, <_div>o dea, percossi nel cuore dalla tua potenza.   <_div>Poi le fiere e gli armenti saltellano qua e là per i pascoli rigogliosi <_div>ed attraversano i fiumi vorticosi: così ogni animale,                                                    <_div>preso dal tuo fascino, ti segue avidamente dove tu voglia condurlo. <_div>Infine per mari e monti e per fiumi che travolgono <_div>e per le frondose dimore degli uccelli e i campi verdeggianti, <_div>incutendo a tutti nel petto un dolce desiderio d’amare, <_div>fai in modo che essi, bramosamente, propaghino specie per specie le generazioni. <_div>Questi versi segnano l’incipit del poema lucreziano De rerum natura, il cui titolo è preso dal trattato greco di Epicuro, oggi perduto. Si tratta dell’invocazione a Venere, che il poeta sceglie come sua Musa ispiratrice. Sebbene Lucrezio, di formazione epicurea, immagini gli dei distanti e assenti nella vita degli uomini, beatamente confinati nell’intermundia, dove conducono un’ esistenza eterna, indifferente e beata, tuttavia avverte l’esigenza retorica di aprire il suo poema seguendo la tradizione omerica. Con ciò, non teme di apparire incoerente dal punto di vista logico-filosofico, in quanto la sua Venere, pur identificata con una divinità dell’Olimpo, rappresenta la forza universale della natura, che stimola gli esseri viventi a lottare per la sopravvivenza attraverso l’eros. La figura di Venere è quindi la proiezione dell’amore, origine e fonte della vita nel suo perenne ciclo di distruzione e di riproduzione. Venere è essa stessa la primavera, la stagione degli amori per tutti gli esseri viventi e allo stesso tempo la condizione individuale della speranza, così cantata dal Leopardi. <_div>Primavera d’intorno <_div>brilla nell’aria, e per i campi esulta  <_div>sì ch’a mirarla intenerisce il core. <_div>Odi geggi belar, muggire armenti; <_div>gli altri augelli contenti, a gara insieme <_div>per lo libero ciel fan mille giri, <_div>pur festeggiando il lor tempo migliore … (G. Leopardi, Il passero solitario vv. 5-11) <_div>La descrizione della primavera ricalca le immagini della natura lucreziana, sennonché il poeta di Recanati va oltre e coglie la similitudine tra la primavera e la giovinezza, e questa stessa con la speranza. La giovinezza si nutre delle speranze, lontana dal pensare al freddo inverno della morte. La primavera- giovinezza ama la vita, anela alla stagione dei frutti e fa fiorire i sogni come il tepore dello zeffiro i prati. Silvia è l’incarnazione della speranza e della giovinezza, la sua visione del mondo guarda al futuro, sicura che la natura le renderà quello che lei vive già nella sua immaginazione. Amaro è il disinganno: <_div> O natura, o natura, <_div>perché non rendi poi <_div>quel che prometti allor? Perché di tanto <_div>inganni i figli tuoi? <_div>Tu pria che l’erbe inaridisse il verno, <_div>da chiuso morbo combattuta e vinta, <_div>perivi, o tenerella. E non vedevi <_div> il fior degli anni tuoi; <_div>non ti molceva il core <_div>la dolce lode or delle negre chiome, <_div>or degli sguardi innamorati e schivi; <_div>né teco le compagne ai dì festivi <_div>ragionavan d’amore. <_div>Anche peria fra poco <_div>La speranza mia dolce: agli anni miei <_div>Anche negaro i fati <_div>La giovinezza. Ahi come, <_div>come passata sei,  <_div>cara compagna dell’età mia nova, <_div>mia lacrimata speme!… (G. Leopardi, A Silvia vv.40-55) <_div>Il mistero cosmico si apre al dolore, al lutto e alla morte. Come l’equinozio di primavera porta la luce e fa rifiorire ogni essere vivente, così l’equinozio d’autunno stenderà ombre sempre più tetre sul creato, brucerà ogni cosa bella, renderà arida la natura. <_div>La sensibilità romantica è molto lontana dall’atmosfera rinascimentale che si respira nel celeberrimo dipinto del Botticelli.  <_div>La Primavera, di Botticelli.Alle spalle di Flora possiamo notare Giunone in dolce attesa. fecondata da  <_div>Marte, dio tutelare del mese di Marzo. Zefiro , il vento fecondante primaverile,vola dietro a Flora, sua sposa e 'la verde erba infiora' ( Poliziano, Le Stanze I, 68). Le tre Cariti o Grazie per i romani, presiedono alla vita serena e gioconda, dispensando grazia e gioia. <_div>Più che all’euthumìa, alla serenità, all’edoné e alla gioia di vivere che trasmette all’anima il capolavoro di Botticelli, il poeta di Silvia mutua quella drammatica visione della vita, cantata tanti secoli prima dall’elegiaco greco Mimnermo: <_div>Noi, come foglie che la stagione florida della primavera fa germogliare <_div>quando a vista d’occhio crescono ai raggi del sole, <_div>noi ad esse simili per un breve tempo ci rallegriamo dei fiori della giovinezza…  <_div>La giovinezza è di breve durata, come un sogno, <_div>la tormentosa e deforme vecchiaia subito resta sul capo sospesa,  <_div>odiosa e insieme spregevole,  <_div>che rende l’uomo irriconoscibile <_div>e danneggia gli occhi e la mente, diffondendosi  intorno. <_div>Cosa è la vita, quale gioia senza l’aurea Afrodite ? <_div>Possa io morire, quando non mi fossero più cari <_div>l’amore segreto e i dolci doni e i letti. <_div>Questi sono i bramati fiori di gioventù, per l’uomo e per la donna... Mimnermo (VII sec. a.C.) <_div>Con la religione cristiana la dicotomia cielo e terra, luce e tenebre s’innesta in una visione  ciclica, in cui ciò che appartiene alla terra è destinato a trascendere nel divino e ad acquistare una sua spiritualità eterna. In tal modo, le stagioni della vita sono considerate momenti di transizione, necessari ad acquistare la grazia divina e la morte non fa più paura nell’attesa della risurrezione. La Pasqua cristiana è la fuga dalla morte verso la vita. La risurrezione di Cristo è la rinascita dell’umanità intera, che considera il viatico dell’esistenza terrena il mezzo per conquistare la felicità eterna. Il pessimismo di Mimnermo, ripreso e approfondito dal Leopardi, è riscattato dalla fede nel Cristo morto e risorto. Ancora una volta la morte diventa indispensabile per ritornare a vivere, ancora una volta il rito equinoziale col prevalere della luce sulle tenebre viene recuperato come simbolo della vita e della luce.Così il Manzoni volle celebrare il momento più solenne della vita liturgica dei cristiani, subito dopo la sua conversione:  <_div>È risorto: or come a morte <_div>La sua preda fu ritolta? <_div>Come ha vinto l’atre porte, <_div>Come è salvo un’altra volta <_div>Quei che giacque in forza altrui? <_div>Io lo giuro per Colui <_div>Che da’ morti il suscitò. <_div>È risorto: il capo santo <_div>Più non posa nel sudario; <_div>È risorto: dall’un canto <_div>Dell’avello solitario <_div>Sta il coperchio rovesciato:  <_div>Maddalena e l’altre donne <_div>Fean lamento sull’Ucciso; <_div>Ecco tutta di Sionne <_div>Si commosse la pendice, <_div>E la scolta insultatrice <_div>Di spavento tramortì. <_div>Un estranio giovinetto <_div>Si posò sul monumento: <_div>Era folgore l’aspetto, <_div>Era neve il vestimento: <_div>Alla mesta che ’l richiese <_div>Diè risposta quel cortese: <_div>È risorto; non è qui.   ( A. Manzoni, La resurrezione, passim)  <_div>Gli studi di antropologia culturale hanno dimostrato che anche la festa cristiana della Pasqua ha assorbito aspetti rituali del mondo pagano, riuscendo a dar vita ad un credo religioso che dura da duemila anni. Credenze religiose, forme di culto e di espressione artistica mutano di significante, ma riflettono in ogni tempo e in ogni dove l’esigenza dell’uomo che si interroga sul perché della vita e della morte. L’eco oraziana del non omnis moriar alimenta in ciascuno la speranza della sopravvivenza, e la fede lo aiuta a credere che egli possa trascendere fino a giungere al cospetto della Verità e riposare finalmente sotto l’albero del bene e del male nel giardino per lui creato, dove regna eterna la Primavera.- Antonino Tobia

 

Autore Prof-Greco

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Inserito il 21 Marzo 2017 nella categoria Relazioni svolte