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Il matrimonio concordatario

Il tema è stato illustrato in tutti i suoi aspetti dall'avv. Vincenzo Miceli

Relatore: Avv. Vincenzo Miceli - Cassazionista

.IL MATRIMONIO CONCORDATARIO
 Devo ringraziare gli amici del direttivo dell’Università Tito Marrone e il suo presedente, il prof. Nuccio Tobia, per l’occasione che mi hanno dato di rispolverare n argomento a me tanto caro, che è stato oggetto della mia tesi di laurea. Inutile aggiungere che il tema della conferenza ha richiesto un doveroso aggiornamento alla luce di quanto accaduto in più di un quarantennio sia sul piano legislativo che giurisprudenziale.
Immagine riferita a: Il matrimonio concordatario In particolare in materia matrimoniale l’art. 34 del Concordato dell’11 febbraio 1929 è stato sostituito dall’art. 8 del Concordato del 18 febbraio 1984; senza tacere poi della legge sul divorzio del 1° dicembre 1970 e delle sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, le quali, già a partire dal 1982, hanno ridimensionato l’applicabilità del diritto canonico al matrimonio concordatario. Ed è appena il caso di precisare che con tale locuzione si intende il matrimonio celebrato col rito cattolico avente effetti civili.
Alla stipula dei Patti Lateranensi del 1929, costituiti dal Trattato, con allegata Convenzione finanziaria, e dal Concordato, si pervenne dopo una lunga e travagliata vicenda storica, che ha avuto inizio il 20 settembre 1870 con la breccia di Porta Pia, che segna il sorgere della cosiddetta 'questione romana'. Invero da tale momento si pone il problema di assicurare al papato, ormai privato dal potere temporale, la necessaria indipendenza e sovranità per esercitare la sua alta funzione spirituale verso i cattolici di tutto il mondo, senza subire condizionamenti da parte dello Stato italiano.
A risolvere la questione romana non valse la legge delle Guarentigie del 13 maggio 1871, che riconosceva al Pontefice piena autonomia all’interno di un territorio sostanzialmente equivalente a quello del futuro Stato della Città del Vaticano. Trattasi infatti di legge unilaterale italiana, perciò inadeguata a garantire la piena sovranità del Papa.
Senonché il tempo è galantuomo e, dopo cinquant’anni, durante i quali la Santa Sede, malgrado tutto, aveva potuto esercitare in piena libertà la sua missione spirituale, i tempi erano maturi perché si pervenisse alla conciliazione tra la S. Sede e lo Stato Italiano.
Di ciò si rese conto Benito Mussolini, il quale, con un esemplare trasformismo, a partire dall’ottobre del 1920, abbandona l’anticlericalismo viscerale dei Fasci di combattimento e comincia, con una serie di dichiarazioni ed articoli pubblicati sul quotidiano fascista, un percorso di avvicinamento alla Chiesa cattolica nella dichiarata convinzione che 'il cattolicesimo possa essere utilizzato come una delle più grandi forze nazionali per l’espansione italiana nel mondo'.
Tale avvicinamento, ben gradito alla Santa Sede, che ormai premeva per la conciliazione, divenne sempre più accentuato e inarrestabile dopo l’avvento del fascismo. Valga ad esempio rammentare il salvataggio del Banco di Roma dal fallimento, che mise al riparo ingenti capitali della Santa Sede; come pure diversi provvedimenti, tra i quali l’introduzione dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole elementari ed il riconoscimento di alcune festività religiose come festività civili.
Da parte sua Pio XI, pur di salvare l’Azione Cattolica dal totalitarismo fascista, abbandonò al suo destino il Partito Popolare Italiano di don Sturzo e subì pure in silenzio lo scioglimento dei Boys Scouts. Per il resto premeva al Papa rimpinguare prima possibile le magre finanze dalla Santa Sede, ridotte al lumicino. Ed invero il Trattato lateranense assicurò alla Santa Sede un indennizzo di un miliardo e settecentocinquanta milioni di lire.
Ciò spiega come il machiavellismo di Mussolini si sposò perfettamente col machiavellismo di Pio XI, dando vita, in pieno totalitarismo fascista, alla stipula dei Patti Lateranensi.
Le trattative preliminari durarono poco più di due anni. In un primo momento, per quel che riguarda la materia del matrimonio, lo Stato tenne ferma la propria posizione al punto che la prima bozza comune dell’art. 34 del Concordato ricalcava sostanzialmente la proposta italiana, salvaguardando le norme statali sia riguardo alla capacità dei nubendi, come pure riguardo alla giurisdizione sulle cause di nullità del matrimonio.
Accadde però che nel dicembre del 1928 la Santa Sede, dopo aver ceduto allo Stato la Villa Pamphili e fatto capire alla controparte che si sarebbe accontentata del piccolo territorio dell’attuale Città del Vaticano, soddisfacendo così sul piano territoriale sia il Re che Mussolini, ritornò sul suo progetto originario, che prevedeva in buona sostanza la regolamentazione del matrimonio secondo il diritto canonico e l’esclusiva giurisdizione dei tribunali ecclesiastici, minacciando nel contempo la rottura delle trattative in caso di mancato accoglimento.
Fu così che Mussolini si arrese, rinunciando a regolare il matrimonio secondo il diritto civile.
Tale stato di cose cominciò a cambiare con la legge sul divorzio del dicembre 1970, che previde per i matrimoni concordatari la dichiarazione della cessazione degli effetti civili ad opera dei tribunali dello Stato.
Ed ancora nel 1982 furono la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione a statuire la necessità che i nubendi avessero compito i 18 anni di età e a fare piazza pulita della riserva mentale unilaterale, non consentendo in tal caso che le sentenze ecclesiastiche potessero essere delibate in Italia.
Infine con l’art. 8 del nuovo concordato del 18 febbraio 1984 venne sancito che la trascrizione del matrimonio non può avvenire se i nubendi non abbiano la capacità di contrarre matrimonio secondo la legge italiana e soprattutto è scomparsa la riserva di giurisdizione dei tribunali ecclesiastici sulle cause di nullità, sostituita, alla luce della giurisprudenza, col principio di prevenzione tra la giurisdizione ecclesiastica e quella civile.
Venne così riscattata, dopo oltre mezzo secolo, la resa di Mussolini alle pretese della Santa Sede.
        Avv. Vincenzo Miceli

 

Autore Prof-Greco

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Inserito il 06 Marzo 2012 nella categoria Relazioni svolte