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Il logo della sezione del sito denominata  L'Italia della rinascita: il transatlantico Andrea Doria, un nome glorioso

L'Italia della rinascita: il transatlantico Andrea Doria, un nome glorioso

Attraverso documenti e filmati autentici l'avv. Leonardo Poma ha ricostruito la storia dell'Andrea Doria che oggi giace nelle profondità abissali dell'oceano.

Relatore: Avv. Leonardo Poma

 Si riporta, qui di seguito, la conferenza integrale tenuta il 12 dicembre 2014 dall’Avv. Leonardo Poma per la Libera Università Tito Marrone di Trapani

Gentili signore, gentili signori,

anche questa sera parleremo di una nave importante, un famoso transatlantico italiano, l’Andrea Doria, bello, elegante, vanto della nostra marineria del dopoguerra, ma famoso soprattutto perchè sfortunato. Così come le altre due grandi navi di cui vi ho parlato in precedenti occasioni e con le quali si conclude, in un certo senso, una trilogia.

Immagine riferita a: L'Italia della rinascita: il transatlantico Andrea Doria, un nome gloriosoChi era presente ricorderà, infatti, che il 15 aprile 2012 parlai del "Titanic", a 100 anni esatti dalla sua sciagura nelle fredde acque  dell’Atlantico e del perchè tale nave è entrata nella leggenda e quindi nel mito. Essa rappresentava la massima espressione dell’ingegno umano nella cantieristica dell’epoca: bella, immensa, ritenuta inaffondabile. Il massimo dell’orgoglio e, in un certo senso, della tracotanza dell’uomo. Come sappiamo la nave, a seguito dell’urto con l’iceberg affondò rapidamente portando con sè oltre 1500 vite umane. E tale evento, secondo gli analisti della storia, viene interpretato anche come la fine di un’epoca, della belle epoque, a pochi anni dalla prima guerra mondiale che avrebbe spazzato via ormai obsoleti modelli di vita, teste coronate, imperi secolari, ridisegnando la geografia politica dell’Europa e instaurando nuovi equilibri. Il Titanic, in sostanza, come metafora della vita. Desidero ora farvi ascoltare un frammento di quello che forse fu l’ultimo motivo musicale suonato dagli otto orchestrali di bordo poco prima che essi si inabissassero con la nave: "Nearer my God to thee" .

 Il 13 dicembre 2013, poi, vi parlai di un’altra grande nave mito, il "Rex", nave italiana considerata ancor oggi forse la più famosa, perchè era immensa, la più veloce perchè conseguì nel 1933 il celebre trofeo Nastro Azzurro (assegnato alla nave di linea nell’attraversare l’Atlantico da est verso ovest nel minor tempo), la più moderna,  la più elegante. L’Italia del regime voleva essere alla pari con le marinerie tedesca e inglese. Il Rex entro così tanto nella coscienza collettiva che perfino il grande Fellini la immaginò in uno dei momenti del film Amarcord. Erano li anni di "Giovinezza", che ne salutò il viaggio inaugurale, e di cui ora  ne ascoltiamo un breve passaggio. Ricordiamo che gli anni trenta sono stati gli anni d’oro dei grandi transatlantici per il notevole traffico tra Europa ed Americhe sia d’emigranti che di uomini d’affari. Poi, ad iniziare dagli anni sessanta, la grande e veloce evoluzione dell’aereo portò lentamente ma inesorabilmente alla dismissione di tali grandi navi. E il Rex navigò su tali rotte per circa un decennio, quando sul finire della seconda guerra mondiale fu trasferito nelle acque di Capodistria in attesa della conclusione degli eventi bellici. E lì, in disarmo e senza equipaggio, era il 1944, fu colpito inispiegabilmente e inesorabilmente dai razzi dell’aviazione inglese, senza un motivo apparente e nonostante fosse già stato firmato il trattato di pace. Il gigante non affondò completamente ma si inclinò su un fianco anche per i bassi fondali e divenne preda degli sciacalli. Perchè gli Inglesi fecero questo? Probabilmente perchè temevano che, finita la guerra, la grande nave italiana potesse essere rimessa in pristino e trasformata in nave da guerra, magari una portaerei come si diceva, costituendo così un potenziale pericolo. In sostanza è lo stesso motivo per cui nei trattati di pace fra vincitori e vinti furono imposte determinate prescrizioni all’Italia sui limiti di tonnellaggio e di velocità delle nuove navi da costruire. Ecco perchè la nuova nave transatlantica italiana del dopoguerra, l’ "Andrea Doria" di cui fra poco parlerò era molto più piccola e meno veloce del Rex.

Immagine riferita a: L'Italia della rinascita: il transatlantico Andrea Doria, un nome glorioso E con l’Andrea Doria si chiude così la trilogia delle tre navi più famose e sfortunate che nel 20° secolo abbiano solcato i mari.

IL TRANSATLANTICO ANDREA DORIA

uno dei simboli dell’Italia della rinascita

A seguito della disastrosa seconda guerra mondiale l’Italia aveva perso buona parte della sua flotta mercantile e quindi si poneva l’esigenza di ricostituirla con particolare riferimento al naviglio da impiegarsi sulle rotte oceaniche.

La Società di Navigazione ITALIA, del gruppo Finmare e quindi del gruppo IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), proprio all’inizio degli anni cinquanta, in un contesto di iniziative che sarebbero state poi connotate come quelle degli anni del cosiddetto boom economico, commissionò ai cantieri navali Ansaldo di Genova Sestri Ponente, una nuova nave transatlantica, voluta da Alcide De Gasperi allora presidente del Consiglio, che dovesse essere elegante, moderna, confortevole. Non raggiungeva la velocità del mitico REX, nè la sua stazza, ma era la degna erede dei gloriosi transatlantici degli anni trenta, di quella che ne fu l’epoca d’oro.

Col nome di Andrea Doria, celebre ammiraglio genovese del 500, e con la benedizione del cardinale Giuseppe Siri arcivescovo di Genova, fu varata, madrina Giuseppina Bollani Saragat, il 16 giugno 1951, ed entrò in servizio il 14 gennaio 1953 sulla rotta per New York, denominata rotta del sole. Ne risultò una nave splendida con interni lussuosi che ben interpretava l’italian style. Fu in breve la nave preferita da quanti, vip dell’epoca ma anche semplici viaggiatori, volessero traversare l’Atlantico. Rappresentava l’Italia della rinascita, l’Italia del primo festival di Sanremo, allorquando con la presentazione di Nunzio Filogamo, fu vincitrice la canzone "Grazie dei fiori" interpretata da un’indimenticabile Nilla Pizza. Vediamola e ascoltiamola in un filmato dell’epoca.

 Com’era

stazza lorda   29950 tsl

lunghezza      213,590 m

larghezza       27,400 m

velocità          massima 25,44 nodi, di crociera 23 nodi

potenza          62220 hp

equipaggio     580

passeggeri      1241 suddivisi in tre classi su undici ponti.

 Il transatlantico era una turbonave perchè dotata di due turbine a vapore che azionavano due eliche a tre pale.

Per la modernità del progetto era dotata di aria condizionata in tutti i locali, di tre piscine (una per ogni classe: prima, cabina e turistica), cinema e ristoranti. L’arredamento rispecchiava i gusti dell’epoca con una tendenza al moderno, così curato dai migliori architetti dell’epoca. Opere d’arte di Fiume, Frai, Fontana, Melotti, Morgante. Si ricordano in particolare la statua dell’ammiraglio Andrea Doria di Giovanni Paganin e gli arazzi di Michael Rachlis.

Ma la nave doveva essere anche all’avanguardia per la sicurezza rispettando ed anzi superando le prescrizioni degli enti nazionali e internazionali di classificazione. E così era stata progettata con un’altezza contenuta e con il contemporaneo aumento della larghezza al fine di aumentarne la stabilità. Aveva dodici compartimenti stagni, doppiofondo cellulare per tutta la lunghezza della carena e scafo a doppio guscio nella zona dei motori.

Le stesse caratteristiche avrà anche la gemella Cristoforo Colombo (ben altra cosa le navi a crociera di oggi, più  simili a immensi scatoloni viaggianti) che hanno perso l’eleganza di questi transatlantici.

 La sciagura e l’affondamento

> Oceano Atlantico, non molto lontano dalla costa americana, il 25 luglio 1956 <

L’Andrea Doria, affidata al comandante superiore Piero Calamai compiva il suo 101° viaggio dall’Italia verso gli Stati Uniti, ed era arrivata in prossimità del battello fanale di Nantucket e quindi vicina alle coste americane quando un’altra nave, la svedese Stockholm, più piccola della nave italiana, partita da New York viaggiava in senso contrario diretta a Goteborg in Europa. Era comandata dal capitano Gunnar Nordenson.

Intorno alle 23.00 entrambe le navi percorrevano una tratta di mare molto trafficata ove, per giunta, era calata una fitta nebbia. Non furono sufficienti, evidentemente, le informazioni radar (in verità il terzo ufficiale della Stockholm Johan-Ernest Carsteus-Johannsen, appena ventiseienne, che era di guardia equivocò sulla distanza da leggersi sul radar)  nè, a quanto pare, vi furono contatti radio fra le due unità, mentre, in vero, la nave italiana continuava ad emettere i fischi come da prassi. Quando le navi si videro ad occhio nudo, era ormai troppo tardi per evitare la collisione.

L’immagine che vediamo ci mostra una chiara dinamica dell’incidente. 

L’impatto, alle ore 23.11, fu aggravato dal fatto che la Stockholm, essendo stata progettata per navigare nei mari nordici, aveva la prua rinforzata come un rompighiaccio: pertanto penetrò profondamente nel ventre dell’Andrea Doria per un’altezza di tre ponti per circa 12 metri e forse oltre causando la morte delle persone che si trovavano nelle cabine colà ubicate. Cominciava intanto, a causa dello squarcio, a penetrare acqua di mare che determinò l’inclinazione della nave stessa. Vi furono 46 vittime fra i 1706 passeggeri della nave italiana e 5 della nave svedese.

Immagine riferita a: L'Italia della rinascita: il transatlantico Andrea Doria, un nome gloriosoSenza entrare nei particolari della dinamica dell’incidente, nè sullo sbandamento della nave, nè sulle polemiche che sono succedute se mancasse una delle porte dei compartimenti stagni delle sale macchina, e su quant’altro fu polemicamente detto, quando l’Andrea Doria superò i 20 gradi d’inclinazione, il comandante Calamai si rese conto che la nave era perduta. A causa dello sbandamento non poterono utilizzarsi le lance di salvataggio sul lato sinistro ma l’equipaggio si prodigò al massimo per la salvezza dei passeggeri, tanto che persino l’illuminazione fu mantenuta sino all’ultimo: l’Andrea Doria affondò con le luci ancora accese!

Come abbiamo già detto quel corridoio di mare era abbastanza battuto e diverse navi erano vicine al punto della sciagura. Presto, quindi, arrivarono la nave mercantile Cape Ann e la nave militare William Thomas e subito dopo il grande transatlantico francese Ile de France, al comando dell’eroico capitano Barone Raoul De Beaudeau che faceva rotta verso est diretto in Francia a Le Havre.  Ricevuto e accertato l’SOS proveniente dall’Andrea Doria, il De Beaudeau diede ordine di invertire la rotta e dirigersi verso il punto nave dell’Andrea Doria, distante circa 40 miglia, a tutta velocità e nonostante la nebbia. Ordinò all’equipaggio e ai passeggeri di preparare tutto, cabine, coperte, generi di conforto per i naufraghi. L’Ile de France raggiunse l’Andrea Doria alle 2 del mattino seguente, il  26 luglio, ponendosi in parallelo a 370 mt. di distanza dalla nave italiana, in modo che si creasse un corridoio marino più calmo e agibile per le operazioni di salvataggio. Fu quello un grande esempio di solidarietà, che rimane come uno dei salvataggi più memorabili della storia mentre altre navi e mezzi aerei giungevano sul posto.

Alle ore 10.09 del mattino, a meno di quelle che dovevano essere sette ore di viaggio da New York, l’Andrea Doria inclinanandosi di prua e su un fianco s’inabissava nell’oceano ad una profondità di circa 70 mt, mentre il capitano De Beaudeau da bordo dell’Ile de France dava ordine di issare e ammainare tre volte la bandiera francese e di emettere tre fischi prolungati di sirena a vapore. L’ultimo cavalleresco saluto ad una creatura che muore. Ricordiamo che il capitano italiano Piero Calamai lasciò per ultimo la sua nave, alle ore 05.30, dopo che tutti gli altri si erano messi in salvo, costretto dai suoi ufficiali poichè era sua intenzione perire con la nave stessa.  Altri tempi, altri uomini ! 

Alle 17.05 del 26 luglio l’Ile de France approda a New York attesa da migliaia di persone.

I naufraghi furono salvati dalle seguenti navi:

Nave

Passeggeri salvati

      Equipaggio salvato

      Totale

       

  Stockholm

308

234

    542

  Île de France

576

177

    753

  Edward H. Allen

0

77

     77

  Cape Ann

91

38

    129

  Pvt William Thomas

46

112

    158

  Robert E. Hopkins

1

0

       1

Totale

1088

572

    1660

 

Solo per curiosità si ricorda che a bordo dell’Andrea Doria v’era un’auto, unico esemplare della enorme Chrysler Norseman, avveniristico prototipo costruito in Italia dalla Ghia e che doveva costituire il principale evento motoristico del mercato auto americano del 1957. L’auto non andò mai in produzione.

Sulla nave fra tante persone importanti viaggiava anche l’attrice e scrittrice americana Betsy Drake, oggi novantunenne, moglie dell’attore Cary Grant, che si salvò imbarcandosi sull’Ile de France e il sindaco di Filadelfia Richardson Dilworth.

 Dopo l’affondamento. Polemiche. Critiche

Come accade in questi casi, dopo una sciagura del genere iniziano le inchieste, si ricostruisce per quanto possibile la dinamica degli eventi, si ricercano le responsabilità anche al fine dei risarcimenti. Si ascoltarono i testimoni fra l’equipaggio e i passeggeri e iniziano le vertenze giudiziarie. Ma questa volta stranamente tutto si chiuse nel giro di un anno con una conciliazione stragiudiziale fra le due compagnie. Perchè? I danni furono stimati in 2 milioni di dollari per la compagnia svedese e in 30 milioni per l’Italia Navigazione.

Ovviamente le versioni date dagli equipaggi delle due navi furono discordanti,                                                      se i pensa che gli svedesi sostenevano che neppure c’era la nebbia (che in quei posti non lontano dalla costa americana è frequente) e la quale, invece, alla fine fu considerata l’unica vera causa del disastro. La Stockholm accusò gli ufficiali dell’Andrea Doria di non avere rispettato le procedure e di avere errato sulle dimensioni, velocità e rotta della Stockholm medesima. E’ certo, invece, che il terzo ufficiale della nave svedese, assai giovane e inesperto non seppe leggere adeguatamente le informazioni radar, fra l’altro collocato in ambiente poco illuminato, anche perchè il timoniere anch’egli poco esperto correggeva continuamente la rotta non consentendo così una giusta valutazione radar. Nè la Stockholm, a quanto sembra, ridusse la velocità come si fa in condizioni di nebbia.

Le indagini e gli approfondimenti successivi dimostrarono che essenzialmente la colpa fu della Stockholm, che sbordò dalla tratta di mare assegnata alle navi che navigano  da ovest verso est nell’Atlantico, portandosi invece sempre più sulla destra sino ad avvicinarsi alla nave italiana, ma i risultati furono tenuti nascosti e quindi, come si diceva sopra, il procedimento giudiziario non andò a compimento perchè, sostanzialmente, le due compagnie si accordarono: l’Italia ritenne di non tirare troppo la corda poichè i cantieri Ansaldo, del gruppo IRI, avevano avuto la commessa dalla stessa compagnia svedese  per la costruzione di una grossa nave (la Gripsholm), commessa che avrebbe comportato notevole mole di lavoro al cantiere e quindi a migliaia di persone per almeno due anni. E l’Andrea Doria - non dimentichiamolo - apparteneva all’Italia Navigazione del gruppo Finmare e quindi dell’IRI. Insomma una questione di realpolitik.  Alla fine non fu asseverata alcuna dichiarazione di responsabilità.

Tuttavia circa 50 anni dopo la tragedia fu reso noto il risultato della commissione d’inchiesta della marina mercantile italiana che, scagionando completamente il comandante e tutto l’equipaggio  dell’Andrea Doria, attribuì essenzialmente all’imperito comportamento del terzo ufficiale della Stockholm la causa della sciagura, mentre conteneva l’elenco dei 48 membri dell’equipaggio della nave italiana "meritevoli di un encomio solenne".

 Adagiata sul fondo l’Andrea Doria è stata da subito oggetto di incursioni subacquee più o meno interessate ai suoi presunti valori, e comunque oggetto di razzia. Per la cronaca si ricorda che la campana della nave fu recuperata alla fine degli anni ottanta così come la statua dell’Ammiraglio Andrea Doria

 LA STOCKOLM OVVERO LA NAVE IMMORTALE

E’ quasi incredibile pensare che la nave svedese navighi ancora. Eppure è così.

Dopo la collisione il transatlantico fu riparato a New York, con un costo di un milione di dollari americani, e tre mesi dopo l’incidente riprese il servizio nella Swedish America Line fino al 1960, quando venne acquistato dal governo della Germania Orientale che lo utilizzò fino al 1985 con base a Rostock. Successivamente cambiò vari armatori sotto diverse bandiere ma il fatto curioso è che nel maggio 1989 la nave venne venduta alla società marittima Star Lauro Lines, che la fece sottoporre, presso le riparazioni navali di Genova, a profondi lavori di trasformazione, nelle sovrastrutture e nello scafo. Quest’ultimo fu dotato, nella zona poppiera, di controcarene per aumentare la stabilità, modificando profondamente lo specchio di poppa ed il profilo della nave. In occasione della trasformazione sono anche stati sostituiti i motori con altri più potenti. Contestualmente l’unità, riconvertita in nave da crociera, venne ribattezzata Italia I; rimase inattiva fino al 1993, anno in cui iniziò effettivamente il servizio crociere.

   Da allora la nave ha cambiato più volte nome e proprietari, sempre utilizzata per servizio crociere. Attualmente la nave è denominata Azores, è immatricolata in Portogallo ed è di proprietà della Portuscale Cruises.   

Di contro l’Andrea Doria e la sua vicenda hanno ispirato vari libri, documentari, citazioni in alcuni film (come Fronte del porto di Elia Kazan), in canzoni (come Goodbye malinconia di Caparezza) ed anche videogiochi.

 

ALTRE NAVI CHE HANNO PORTATO IL NOME "ANDREA DORIA"

]Il nome glorioso dell’intrepido Ammiraglio genovese  è stato dato in vari tempi ad altre navi

·       Marina mercantile italiana:

o   Il transatlantico Andrea Doria, varato nel 1951 ed affondato il 26 luglio 1956, a seguito di una collisione in mare al largo delle coste statunitensi.

 

·        Marina Militare Italiana:

 

·        Marina degli Stati Uniti:

 

 IL COMANDANTE PIERO CALAMAI

Uomo di mare, grande marinaio, valoroso combattente, prestigioso nome fra i migliori capitani italiani. Nacque il  25 dicembre 1897 a Genova ove morì il 7 aprile 1972.

Prestò servizio dapprima nella Regia Marina iniziando nel 1916 come guardiamarina. Partecipò sia alla prima che alla seconda guerra mondiale (col grado di capitano di corvetta) conseguendo due croci di guerra al valor militare ed altri riconoscimenti.

Alla fine del secondo conflitto  riprese il suo ruolo nell’organico degli ufficiali della Società di Navigazione Italia, prima come ufficiale e poi come comandante su 27 navi diverse.

Col grado poi di capitano superiore di lungo corso ebbe il comando della turbonave Andrea Doria, ammiraglia della flotta italiana. Al di lei 101° viaggio transatlantico, il 26 luglio 1956, accadde la sciagura e l’affondamento della nave. Seguirono, come abbiamo già detto, svariate polemiche e più o meno velate attribuzioni di responsabilità. Calamai lasciò il servizio - sempre nei ruoli dell’Italia - il 31 dicembre 1957 per raggiunti liniti di età, ma portandosi dietro un mai celato senso di tristezza.

Ma il tempo che spesso è galantuomo, a seguito di ulteriori approfondimenti della vicenda, ha restituito piena dignità al valoroso uomo di mare, essendosi accertata la verità della sciagura (colpa dello Stockholm) e l’insabbiamento dell’inchiesta per motivi di politica economica.

Lasciò moglie e due figlie. E’ sepolto nella cappella gentilizia della famiglia Calamai nel cimitero di Sant’Ilario sulle alture di Genova Nervi.

Onorificenze

 

2 Medaglie d’argento al valor militare

   

 

Croce di guerra al valor militare

   

 

Croce al merito di guerra

   

 

Medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915 – 18 (4 anni di campagna)

   

 

Medaglia commemorativa dell’Unità d’Italia

   

 

Medaglia commemorativa italiana della vittoria

  

L’AMMIRAGLIO ANDREA DORIA

o più correttamente D’ORIA

un nome glorioso

Nacque da un’antica famiglia nobiliare ad Oneglia (oggi Imperia) il 30 novembre 1466 e morì a Genova  il 25 novembre 1560.

Tracciare la sua vita qui sarebbe troppo lungo, per cui ci limitiamo solo ad un breve profilo. Orfano giovanissimo di padre fu avviato alla carriera delle armi, divenendo abile condottiero, soldato di ventura, esperto conoscitore della alternanza dei potenti di turno (i Montefeltro, gli Aragonesi, Giovanni della Rovere) cui abilmente si affiancava offrendo i suoi non disinteressati servigi.  Alto di statura, intelligente e ambizioso.

Condottiero, quindi, diventato uomo di mare oltre i quarant’anni, furbo diplomatico, anche corsaro, mecenate, politico e comunque sempre legato profondamente alla sua Genova, onorando l’antico nome del suo illustre casato. A Genova, infatti, consegnò, come una delle sue prime imprese, la Corsica.

In breve passò al servizio di vari signori,  prima contro i Francesi, poi al loro servizio, poi al servizio di Papa Clemente VII. Con i Francesi riuscì a cacciare da Genova gli Spagnoli. Ma poi non contento dei Francesi e convinto che alla fine avrebbero vinto proprio questi, si alleò strategicamente con Carlo V di Spagna che accordò a Genova la libertà e il dominato su Savona.

Ritornò quindi da trionfatore a Genova (1528), e pur rifiutando la signoria della città che gli era stata offerta, ne divenne di fatto il signore. Dal sovrano di Spagna ebbe il titolo di Principe di Melfi e poi di Duca di Tursi in Basilicata. Promosse il cambiamento istituzionale di Genova da Comune a Repubblica aristocratica governata dalle grandi famiglie.

Combattè anche ed efficacemente contro i Turchi, contro Khayr - al Din detto Barbarossa che comandava la flotta di Solimano il Magnifico, intervenuto per riavere il suo luogotenente Dragut da lui preso prigioniero e nei cui confronti sembra che l’ammiraglio nutrisse per il suo coraggio molta ammirazione, tanto da chiamare Dragut il proprio gatto.

Il Doria che combattè sino a tarda età, è stato ritenuto dagli storici con alterne valutazioni, considerandolo a volte contraddittorio, opportunista, ma comunque leggendario, vissuto in un’epoca caotica, in un’Europa sconvolta da guerre: insomma fu grande figlio del suo tempo.

Sposò nel 1927 Peretta Usodimare, vedova del Marchese Alfonso Del Carretto. Non ebbe figli. Si spense a Genova all’età di 94 anni, ancora attivo e lucido nel meraviglioso palazzo di Fassolo (chiamato anche Palazzo del Principe ed uno dei maggiori edifici storici genovesi) da lui fatto costruire. Riposa nella chiesa di San Matteo prospiciente sulla piccola piazza del quartiere dei Doria. La sua eredità passò al pronipote Gianandrea, figlio del suo diletto nipote Giannettino,  ucciso a seguito della congiura dei Fieschi.

 

Suo discendente è l’attuale sindaco di Genova Prof. Marco Doria, accademico e uomo politico che vedete in questa foto.

 

L’AMMIRAGLIO TRAPANESE MARINO TORRE

In conclusione e per una certa assimilazione di idee vorrei brevemente ricordare un nome prestigioso per la nostra Città, Marino Torre, grande marinaio, anch’egli ammiraglio, vissuto circa un secolo dopo il Doria. Certamente assai meno longevo di questi, nacque a Trapani nel 1583 e qui morì nel 1633.

Il cippo funebre che contiene i suoi resti al cimitero di Trapani, dove fu ricomposto nel 1933 (in occasione del 400° anniversario della sua morte) riporta il seguente epitaffio, profondamente epidittico e significativo nella sua brevità: IMMENSI TREMOR OCEANI, cioè terrore dell’immenso oceano.

Da buon figlio di armatore si avviò ben presto all’attività marinaresca e recatosi in Francia nel 1609 fu ammesso al servizio della flotta navale da guerra di Luigi XIII. In tale ruolo, anche come comandante partecipò a varie campagne belliche sul mare, combattendo con successo i corsari tripolini e gli Ugonotti (guerre di religione) allorchè a capo di una flotta di dodici navi da guerra compì il blocco marittimo di La Rochelle (piazzaforte ugonotta) che non riusci ad essere quindi rifornita e cadde  il 28 ottobre 1628. Per questa impresa fu decorato con la Croce Militare di San Michele.

Mori nel 1633 a Trapani durante un periodo di congedo. La nostra Città gli ha intitolato una strada importante, parallela alla via Fardella  e l’Istituto Nautico che è uno dei più antichi e prestigiosi d’Italia.

 Vorrei a questo punto sentire il prof. Erasmo Miceli, preside di questo Istituto Tecnico Industriale che ci ospita, ed anche preside dell’Istituto Nautico Marino Torre. Ascoltiamolo e vediamolo in questa breve intervista.

E  PER  CONCLUDERE

ascoltiamo la Preghiera del marinaio della Marina Mercantile, con le note dell’Ave Maria di Schubert suonata per arpa.

Saluto di commiato con la Bandiera mercantile italiana.

                                                                                                                                                                                                         Leonardo Poma

 

Immagine riferita a: L'Italia della rinascita: il transatlantico Andrea Doria, un nome glorioso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Autore Prof-Greco

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Inserito il 12 Dicembre 2014 nella categoria Relazioni svolte