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Rieducazione alla legalità: esperienze personali

La prof.ssa Mattia Badalucco ha relazionato sulle problematiche relative al reinserimento sociale

Relatore: Prof.ssa Mattia Badalucco

Conferenza tenuta dalla Prof. Mattia Badalucco il 21 maggio 2013 per la Libera Università Tito Marro

 Sin dai tempi più remoti, l’uomo ha sempre pagato il fio delle sue colpe con le condanne più disparate quali: la tortura, la pena di morte, la schiavitù, il lavoro forzato, la prigionia, ecc.

Prima di entrare nel merito della mia conversazione desidero proporvi un frammento, molto significativo, tratto dal celebre film 'Le ali della libertà'.
Come è facile comprendere dalle immagini, il tempo trascorso in carcere porta spesso al riscatto della libertà con una nuova visione della realtà.

E poiché l’argomento della mia conversazione è imperniato sul carcere, cominciamo con l’attenzionarne uno reso famoso da un libro scritto da un patriota italiano durante la dominazione austo-ungarica in Italia: Silvio Pellico.
Nato a Cuneo, nel 1820 viene arrestato e processato perché affiliato alla Carboneria e condannato a morte.
La sentenza venne, poi, commutata nel carcere duro a venti anni, infine venne graziato nel 1830.
Nel 1832 scrive 'Le mie prigioni' dove racconta dei dieci anni della sua detenzione, come carcerato politico, scontati prima, nel carcere dei Piombi di Venezia, poi nel carcere duro dello Spielberg in Moravia.
Il libro, a detta di Cesare Balbo, valse all’Austria più di una battaglia perduta.

GUARDIAMO L’IMMAGINE DEL CARCERE DELLO SPIELBERG UBICATO IN MORAVIA          

LA PENA DI MORTE
Sulla pena di morte e sulle pene si è sempre discusso sin dai secoli più lontani e con considerazioni diverse. Ricordiamo soltanto, perché più vicini alla nostra tradizione, la celebre frase di  VOLTAIRE: 'Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri perché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione'.
e poi l’altrettanto celebre trattato
 'Dei delitti e delle pene' (1764) scritto da Cesare Beccarla (Milano 1738-1794) la cui figlia, Giulia, fu la madre di A. Manzoni, perché aveva sposato il conte Pietro Manzoni. Contro la pena di morte il Beccaria propugnò la riforma delle pene con:
1) Adeguamento della pena alla colpa
2) Abolizione della pena di morte

Ed ora ecco alcune immagini di famose  carceri: La Bastiglia, Alcatraz (isoletta di fronte a San Francisco in America), Isola di Santa Margherita,  la nostra Colombaia, la Vicaria.
E non a caso la nostra Costituzione repubblicana, all’art. 27 3° comma recita: 'Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato'.

CONDIZIONI DELLE CARCERI IN ITALIA:
statistiche e sovraffollamento

Le carceri italiane possono ospitare 45.000 detenuti.
Di fatto ne ospitano 67.000 dei quali 42.000 sono in attesa di giudizio: solo 4.000 hanno ottenuto il 1° giudizio.
Il  26/07/1975 è stata pubblicata la legge n.354 la quale statuisce due punti fondamentali:
1)  Trattamento;
2)  Rieducazione alla legalità.
La rieducazione alla legalità che si articola in tre momenti:
1) Riabilitazione: riconquista dell’autostima personale e dell’altrui stima tramite il lavoro.
2) Rieducazione alla legalità: recupero sociale del ristretto mirato alla riammissione in una società che vive ed opera secondo Norme Condivise
3) Risocializzazione: annullamento delle devianze proprie del contesto sociale di provenienza

Modi per la rieducazione alla legalità:
1) Corsi di qualificazione professionale;
2) Corsi di scuola e di alfabetizzazione per i detenuti immigrati
3) Sport, scrittura creativa, teatro, musica
4) Lavoro all’interno del carcere e fuori, in regime di semilibertà, (retribuito) valido per il recupero dell’autostima
5) Colloqui e telefonate con i familiari;
6) Benefici premiali;
7) Riappropriazione della propria identità;
8) Corsi di lingua straniera;
9) Proiezione di films-inchiesta e rieducativi;
10) Corsi di cucina, decoupage, ecc;
11) Educazione religiosa con l’ingresso esponenti di altre religioni per i detenuti non cattolici.                           

Mezzi
1- Trattamento: umanizzazione della pena.
2- Rieducazione alla legalità tramite il reinserimento nella società regolata da Norme Condivise.
Esempi di carceri modello:
Pagliarelli, La Gorgorna, Rebibbia, San Vittore                                             
Esempi di carceri invivibili:
1) Per il sovraffollamento (5 det. in una cella di mq. 3).
2) Trattamento disumano e degradante come per es. nel carcere di Busto Arsizio condannato dalla Corte Europea di Strasburgo nel 2009 e l’8.01.2013: i 7 detenuti saranno rimborsati dallo Stato con 100.000 €.

Ed ora desidero esplicitare la mia esperienza
dentro il 'Pianeta Carcere'.                            

Inizio con l’attenzionare la normativa europea sul volontariato negli Istituti di pena.

Considerazioni sulle regole minime europee del
  volontariato

Il volontariato oggi lavora in sinergia con gli operatori penitenziari quali educatori, assistenti sociali, psicologi, psichiatri, criminologi, esperti in relazioni sociali e ne completa l’opera perché con il suo apporto può misurare l’efficacia degli interventi, proporne la revisione e prospettare l’adozione di alternative verificabili, essendo a stretto contatto con le situazioni reali e specifiche del detenuto.
Il volontario oggi è diventato fattivo collaboratore delle realtà istituzionali sociali e riveste un’azione di primaria importanza poiché il suo operato è improntato sul rapporto umano e può realizzare quanto esplicitato dalla normativa europea che recita: 'i problemi connessi alla detenzione presentano una complessità che richiede una profusione di attenzione e di risorse utili, una molteplicità di interventi che, pur modificandosi nell’approccio, nei metodi, nell’assunzione di ruoli, rivelano la comune tensione verso la stessa finalità.
Desidero ora parlare della scaturigine emozionale che mi ha spinto al volontariato.

Là dove l’odio
Divide
là dove l’incuranza e l’indifferenza
Isolano
l’Amore per l’altro
'tesse' una 'relazione'
(un legame) interpersonale
che va oltre i
confini della
'Ratio umana'

SENZA SPERANZA

Vite piegate
di uomini resi fragili
dal dolore.
Vite piegate
dal peso dell’altrui disprezzo
e dall’altrui indifferenza.
Vite piegate
di uomini
senza più identità.
Vite piegate di uomini
che hanno perduto
il diritto alla dignità.
Vite piegate
di uomini rassegnati
dall’animo trafitto.
Vite piegate
di uomini
senza più speranze
che aspettano …
la speranza.

Ed ora ecco la mia esperienza: da diciannove anni opero insieme con altri, come docente volontaria di lettere e filosofia nella sezione penale maschile della Casa Circondariale di Trapani e, nella 'Casa di reclusione' di Favignana. Gli allievi si sono iscritti ai corsi di scuola media superiore: Liceo Scientifico, Tecnico Commerciale, Tecnico per Geometri, Nautico, Artistico. Alcuni sono iscritti all’Università chi alla facoltà di Giurisprudenza, chi a Economia e Commercio o a Scienze Politiche, Agraria, ecc.
Come tanti, all’inizio, nutrivo qualche perplessità e qualche preconcetto nei confronti dei detenuti – preconcetti, saldamente radicati nel tessuto sociale di qualsiasi estrazione – e certamente mai avrei potuto immaginare che il rapporto con la 'popolazione carceraria' potesse cancellare i tanti, troppi, pregiudizi derivanti da superficialità di giudizio e dall’ignoranza di una vasta gamma di situazioni e problemi profondamente sofferti e vissuti dai detenuti nell’intimità della loro coscienza.
Mai mi sarei aspettata di trovare fra quelle mura individui assetati di un gesto di solidarietà, di una parola che desse loro la speranza e la forza di non 'gettare la spugna' e di sopravvivere in quell’inferno ovattato qual è 'il pianeta carcere' e mai mi ero resa conto che se si vuole uccidere psicologicamente un uomo, basta isolarlo e privarlo della libertà: perché non è l’errore o la colpa o il peccato che emergono, ma la vita schiacciata dal peso di quell’errore, di quella colpa, di quel peccato, della propria pena.

Giorno dopo giorno, ho assistito ad una 'metamorfosi'. Il nostro esempio li ha spronati spingendoli ad applicarsi, a studiare nonostante le condizioni proibitive all’interno delle celle per il sovraffollamento (4 o 5 in 3 mq.) e i gravissimi problemi familiari e giuridici. Ripagano il nostro operato con il rispetto, la stima, una profonda gratitudine dimostrandoci quanto sia proficuo perché li aiuta a riflettere, a migliorarsi e soprattutto a sperare là dove l’indifferenza e il disinteresse verso i loro problemi li annientano a livello psicologico. Solo la comprensione e l’interesse può giovare a quell’individuo che nel gesto di protesta e di disturbo, non mira al protagonismo ma a richiamare l’attenzione di chi, ignorandolo ed emarginandolo, lo mortifica e lo distrugge.
Perché cadano i pregiudizi nei confronti dei ristretti che come esseri umani (nonché per legge) hanno diritto al rispetto e alla dignità della persona, desidero riportare alcune considerazioni tratte dagli elaborati di alcuni di loro.

FOSSOMBRONE, 27 APRILE 2000
Alla prof.ssa Mattia Badalucco
… Se sono riuscito a raggiungere simili risultati gran parte del merito è suo e dei suoi colleghi dell’A.V.U.L.S.S. che me ne avete dato la possibilità e di questo vi sarò sempre grato.
Un ringraziamento particolare va a Lei professoressa, per il sostegno psicologico che ho ricevuto in tutti questi anni.
Le assicuro che è stato davvero fondamentale in questo mio processo di crescita. Oggi so che,  nonostante la strada sia ancora lunga ed irta di difficoltà, posso farcela, anzi in un certo senso so che l’ho già fatta perché mi sono emancipato talmente da quella forma di sub-cultura che tanta parte di responsabilità ha avuto nelle mie scelte passate. Paradossalmente mi sento più libero ora di quanto non lo ero prima di essere in carcere.
La cultura è la vera panacea dei mali sociali. Il suo lavoro e quello dei suoi colleghi è davvero fondamentale: nulla più di uno stimolo positivo ha una valenza concreta in un processo di crescita e di trasformazione di una personalità.
Termino di scrivere inviandole i miei più cordiali e sinceri saluti pregandola inoltre di portare i miei saluti a tutti i suoi colleghi dell’A.V.U.L.S.S.
Con sincera stima.     Antonino Conigliaro

'Apparentemente lasciamo intendere di essere forti, perché l’indifferenza di tanta gente, dentro e fuori da questo inferno, non solo ci offende e ci ferisce, ma fa di più: Indigna, Umilia, Uccide perché non sta certo, nell’emarginazione la soluzione'.

Ed ancora:
'La solidarietà è il toccasana che, scendendo nei nostri cuori, porta la speranza la quale riempie le voragini provocate nel nostro animo da tanti sentimenti contrastanti: nostalgie, rimpianti, amori, amarezza, ricordi: la consapevolezza di un passato costellato di errori dal quale nessuno di noi, con superficialità, si sente scrollato. Ma è giusto essere giudicati in funzione di come eravamo e non di come ora siamo o diverremo, se qualcuno ci tenderà una mano nel difficile cammino?'.

Ed infine:
'La consapevolezza di questi interventi che non meritiamo ci sprona al confronto, alla riflessione, alla maturità ed al cambiamento permettendo quella 'Metamorfosi' che ci ha cambiati da lupi ignoranti in agnelli affamati di sapere, di conoscere concetti e pensieri prima distanti da noi  anni luce. Quanti di noi hanno intrapreso un orientamento diverso, grazie alla inestimabile opera dei Volontari, che ci sa sperare in un domani migliore e ci aiuta a non desistere dai buoni propositi e a risaldare questi tasselli deviati quali siamo noi, nel ricomporre il mosaico'.

A MIA MADRE          

Madre sei sempre nel mio cuore.
Ti rivedo col pensiero accanto a me:
il tuo sguardo
si posa sul mio volto,
colmo di affetto ma intriso di tristezza.
La tua bocca tace
ma so che soffri anche se non lo dici.
Lo dicono i tuoi occhi.
Lo dicono quei solchi sulla fronte.
Lo dice il caro volto pensieroso.
Io non oso parlare:
ti guardo addolorato
con gli occhi lucenti
perché vorrei
poterti dare solo gioia.
Tu sai, però,
che ti voglio bene e ciò
ti dà coraggio,
ci dà coraggio,
ci aiuta a sperare
che presto finirò
e potremo essere
ancora insieme.                 
Antonino Lo Piccolo

Dalla lettura di questi elaborati spero possa scaturire la globale volontà di bandire i preconcetti e i pregiudizi nei confronti dei detenuti e la determinazione di instaurare un rapporto non più conflittuale bensì aperto ad una fattiva e solidale collaborazione onde facilitarne il reinserimento. Per cui affermo di essere certa che anche da un carcere possono partire la richiesta di modi di essere più consoni al rispetto della dignità della persona umana e messaggi di bene, tali da avallare e valorizzare l’insopprimibile risorsa della ricchezza spirituale dell’essere umano.    

E avvicinandomi alla conclusione desidero ricordare che un giorno uno dei detenuti mi disse:
«Professoressa, sono disperato, vorrei dire a mia moglie che finirà, che un giorno saremo di nuovo insieme … ma non ci riesco … Mi aiuti!».
Ho scritto questi versi per Lui ma nel mio cuore li ho dedicati a tutti i detenuti.

FINIRÁ

A sera, nella mente offuscata dal dolore
nel cuore che urla la sua rabbia
- impotente a sopprimere gli oneri, i dolori
i dubbi e le incertezze che opprimono
la tua esistenza -
zampillano i ricordi e s’infrangono
nelle spire magiche dei sogni.
Affondo le mani nel groviglio
dei fragili pensieri e rivivo
parole struggenti rincorse da mille rimpianti.
Grido: «Finirà e saremo insieme a lottare e ad amare».
Vorrei soffocare le immagini rievocate dai ricordi;
vorrei riassaporare l’ebbrezza di un sogno lontano
rievocato dall’onda del desiderio.
Lo raccolgo.
Lo chiudo dentro le mie mani
come in una coppa.
Non voglio perderlo:
è l’intima luce, l’infinita speranza
che mi coinvolge in un sentire
misto di lacrime, di gioia, di dolore
che, inevocati, riaffiorano ferventi
e che sulle labbra si spengono cocenti nel grido:
«Finirà … e sarò con te!».

E mi piace ricordare, quale esempio di riabilitazione e di riscatto dalla criminalità, il caso abbastanza famoso di Luciano Lutring, negli anni sessanta noto come il 'solista' del mitra e ladro gentiluomo, il quale dopo la grazia del Presidente della Repubblica Giovanni Leone, divenne in libertà affermato e premiato scrittore e pittore. Ebbe diversi incontri con i ragazzi delle scuole cui cercava di spiegare che il delitto non paga. Come hanno ricordato tutti i media Lutring è morto il 13 maggio di quest’anno.

E vorrei concludere davvero con quanto il Presidente del Consiglio Enrico Letta ha pronunciato, fra l’altro, nel discorso alla Camera del 29 aprile 2013:
'Ci potrà essere sviluppo solo se i cittadini e gli investitori italiani ed esteri sapranno di potersi rimettere con fiducia ai tempi della giustizia, e questo succederà solo se risolveremo una situazione carceraria intollerabile, ricordiamoci che siamo il paese di Cesare Beccaria'.
 

Autore Prof-Greco

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Inserito il 21 Maggio 2013 nella categoria Relazioni svolte