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Storia del laser

Giovanna Cecchi del C.N.R. di Firenze ha illustrato, con dovizia di particolari, la storia dei laser e i loro principi di funzionamento davanti ad un folto pubblico che, alla fine della conferenza, le ha rivolto numerose domande specifiche.

Relatore: Dott.ssa Giovanna Cecchi - Ricercatrice C.N.R. - Firenze

Mezzo secolo di laser

 

 Giovanna Cecchi, di origine trapanese, è Primo Ricercatore CNR, livello II, in servizio presso l’Istituto di Fisica Applicata "Nello Carrara" di Firenze.
La sua attività di ricerca riguarda le metodologie e tecniche lidar per il telerilevamento della superficie terrestre con sensori da lei  progettati e sviluppati presso il Gruppo di Ricerca IFAC  da lei diretto.
Giovanna Cecchi è attualmente coinvolta in progetti di ricerca di Agenzie Spaziali (Italiana, Europea, Statunitense: ASI, ESA, NASA) che mirano all’impiego delle tecniche LIDAR per l’osservazione della Terra da piattaforme aerospaziali (aerei stratosferici e satelliti).

   Immagine riferita a: Storia del laser                                            IL LASER           

      Come il sole o una lampada, il laser è una sorgente di luce.Quando diciamo 'luce',  intendiamo la luce che noi vediamo, o meglio, la luce che i nostri occhi sono in grado di vedere.                                                                                        

      La luce può essere infatti immaginata sia come composta da minuscole particelle, che sono chiamate 'fotoni', sia come composta da onde, che sono chiamate 'onde elettromagnetiche'.

     Immagine riferita a: Storia del laser Come per le onde del mare o le onde sonore, un’onda elettromagnetica è formata da un susseguirsi periodico di alti e bassi. Un’onda è caratterizzata per la sua altezza o intensità (h in figura) e per la distanza fra due 'alti' o due 'bassi' successivi. Questa distanza si chiama 'lunghezza d’onda' e di solito si indica con una lettera dell’alfabeto greco ('lambda',  cioè 'elle').

      Quindi basta conoscere l’altezza dell’onda e la sua lunghezza d’onda per poterla disegnare. (Cioè, specificando l’altezza e la lunghezza d’onda, l’onda è determinata). Una caratteristica importante di tutte le onde è la loro capacità di propagarsi, cioè di allontanarsi dalla loro sorgente. Le onde elettromagnetiche si possono addirittura propagare nel vuoto, perché a differenza delle onde del mare e delle onde sonore non hanno bisogno di un mezzo di propagazione, come l’acqua, nel caso del mare, o l’aria nel caso di suoni. Le onde elettromagnetiche possono essere classificate secondo la lunghezza della loro lunghezza d’onda e è necessario usare dei sottomultipli del metro molto piccoli:
 1 Å (Ångstrom) = 1 decimiliardesimo di metro = 1 decimilionesimo di millimetro;
 1 nm (nanometro) = 1 milionesimo di millimetro; quindi 10 Å = 1 nm, 4000 Å = 400 nm;
 1 um (micron) = 1 millesimo di millimetro, quindi 1000 nm = 1 ?m, 800 nm = 0.8 ?m.Questo tipo di raffigurazione (classificazione in base alla lunghezza d’onda) si chiama spettro.
Nella figura VIS significa 'visibile', cioè quello che 'vede' il nostro occhio, che corrisponde a lunghezze d’onda comprese tra 400 e 800 nanometri. Il nostro occhio le percepisce sotto forma di colori, a 420 nanometri il colore che vediamo è il violetto, per diventare indaco a 440 nm, blu a 460, verde a 510, giallo a 570, arancio a 620 e rosso a 650. Quello riportato in figura è infatti noto come 'spettro della radiazione elettromagnetica'. Attenzione: non luce, ma radiazione! La luce è quindi intesa come quella piccola parte della radiazione elettromagnetica visibile dal nostro occhio e cioè:
• i raggi X, che sono quelli usati per fare le radiografie, infatti hanno una lunghezza d’onda così piccola che consente loro di passare anche attraverso il nostro corpo;
• l’ultravioletto che letteralmente significa 'oltre il violetto', che ha lunghezze d’onda più corte del violetto e dà luogo ad esempio a quelle onde che ci abbronzano;
• il visibile di cui abbiamo già parlato;
• l’infrarosso che letteralmente significa 'dopo il rosso' e ha lunghezze d’onda più lunghe del rosso e dà luogo ad esempio a quelle onde che riscaldano;
• le microonde, che sono quelle utilizzate ad esempio nei forni a microonde;
• le onde televisive e radio che sono utilizzate ad esempio per le trasmissioni dei telefoni cellulari, della televisione e della radio. La luce emessa dal sole, come quella delle comuni lampadine, è una luce bianca. Il bianco è il risultato della sovrapposizione di tutti i colori che vediamo. Infatti usando uno strumento che scompone la luce, ad esempio un prisma, possiamo accorgerci che la luce del sole (bianca) è formata da tutti i colori del visibile (violetto, indaco, blu, verde, eccetera). Una conferma naturale ci è data dal noto fenomeno dell’arcobaleno, quando cioè la luce del sole viene scomposta dalle goccioline di pioggia, che si comportano proprio come tanti piccoli prismi.    La lampada e il sole emettono luce di tutti i colori in tutte le direzioni in modo disordinato, un laser invece produce luce di un colore solo (cioè monocromatica) in una direzione sola (in modo ordinato).
      La parola L.A.S.E.R. sta per la frase inglese 'Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation', cioè 'amplificazione di luce per mezzo di emissione stimolata di radiazione'.Immagine riferita a: Storia del laser
       Vediamo di capire meglio questa frase: la luce viene amplificata (cioè molto aumentata in intensità) attraverso un fenomeno che si chiama 'emissione stimolata'. Chiariamo questi fenomeni: amplificazione ed emissione stimolata. Quando la luce passa attraverso un oggetto viene attenuata, indebolita.
      Un esempio ci è dato dagli occhiali da sole, che attenuando (indebolendo) la luce del sole ci consentono di vedere bene in giornate molto luminose. Il fenomeno dell’amplificazione è l’esatto opposto, per cui invece di ottenere una diminuzione della luce in uscita, si ha un aumento (amplificazione).
Per ottenere un aumento di luce (amplificazione) è necessario ‘modificare’ qualcosa nell’oggetto, cioè procurare un’ emissione stimolata. E’ una modifica che può essere fatta solo sugli atomi e le molecole che compongono l’oggetto, per cui invece di assorbire la luce la emettono. Questa emissione diventa stimolata, se il cambiamento viene prodotto sulla maggioranza degli atomi e delle molecole dell’oggetto. Questo fenomeno produce una luce di una sola lunghezza d’onda, cioè di un colore solo (monocromatica).
      Abbiamo detto che nei laser la luce monocromatica è emessa in un’unica direzione. Questo avviene ponendo l’oggetto fra due specchi. Quando ci guardiamo fra due specchi, vediamo tante immagini di noi stessi, disposte su una fila lunghissima. Lo stesso accade per il blocchetto di materiale (oggetto) che è obbligato ad amplificare la luce in una sola direzione.
      Usando però due specchi, la luce laser rimarrebbe confinata all’interno del blocco specchio+oggetto+specchio. Per fare uscire questa luce così particolare, uno dei due specchi    dovrà far passare un po’ di luce.

Per quanto possa sembrare strano, uno specchio sarà un poco trasparente. Avremo così un fascio di luce che esce dalla ‘scatola’ in un’unica direzione e di un solo colore, cioè un laser. Esistono moltissime applicazioni della luce laser. Esse spaziano dalla medicina, al controllo dell’ambiente, alle telecomunicazioni, agli impieghi in campo industriale. Un esempio dalla vita di tutti i giorni sono i 'compact disk' (CD), che possono essere ascoltati (o visti) grazie a un laser che li ‘legge’.    Giovanna Cecchi       

Immagine riferita a: Storia del laser

Autore Prof-Greco

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Inserito il 03 Maggio 2011 nella categoria Relazioni svolte